Teramo - Il fatto non sussiste. Finalmente, perché il fatto non sussisteva per nessuno. Ma la Giustizia deve fare il suo corso. Va bene. Diventa così definitiva l'assoluzione dell'ex rettore Luciano D'Amico perchè, appunto, il fatto non sussiste. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della procura di Teramo che aveva sollevato, una questione di legittimità innanzi alla Cassazione contro la sentenza di assoluzione di D’Amico. A rappresentarlo l'avvocato Tommaso Navarra che, in questo procedimento, aveva assunto le difese insieme ai colleghi Gennaro Lettieri e Renzo Di Sabatino. Tra il 2014 e il 2017 Luciano D’Amico avrebbe percepito indebitamente 57mila euro. Per l’accusa, ciò sarebbe avvenuto in quanto D'Amico avendo assunto l'incarico all'Arpa e poi alla Tua. Ma al contempo aveva smesso di svolgere l'attività di docente a tempo pieno, requisito che la legge prevede come necessario per poter ricoprire la carica di rettore. Da qui l'accusa di indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato. Inoltre. Ed è qui che la storia diventa incredibile, la Procura teramana contestava a D'Amico anche il peculato per la consegna, nell'ambito della cerimonia «Welcome Matricole», di 10 tablet dell'università al personale tecnico di supporto.
“Si chiude una tristissima pagina giudiziaria che aveva gettato ombre sull’attività professionale e sul valore umano di un uomo come D’Amico che ha fatto di tutta la sua vita una manifestazione del valore della correttezza, della trasparenza e dell’impegno. Un uomo che, chiamato a mettere il suo tempo e la sua professionalità al servizio dell’interesse pubblico, ha sempre risposto senza indugi.
Abbiamo perso anni preziosi in cui le doti umane e professionali di Luciano D’Amico si sarebbero potute investire per la crescita e lo sviluppo dell’Abruzzo” commenta l’avvocato Manola Di Pasquale.