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Il Giorno del Ricordo voglio celebrarlo così. Grazie Giorgio

Attualità  | 10 February 2022

La testimonianza - Sono davvero tante le testimonianze, le occasioni istituzionali di riflessione e rabbia nella giornata odierna. 10 febbraio, Giorno del Ricordo. Ho fatto una scelta. Evitare di pubblicare i numerosi e toccanti comunicati stampa che arrivano da ogni dove. Non per mancanza di rispetto. Semplicemente perché credo che non arrivino al cuore dei lettori. Ma non posso far finta che quello di oggi non sia un giorno da ricordare. 

Lo voglio fare, tuttavia, diversamente. Pubblicare il post che l’amico Giorgio Pomponi, ha incastonato su Facebook. Un ricordo che dice tanto. Troppo, pur senza dire nulla. E sarà perché ho avuto l’onore di conoscere personalmente le persone che cita (la mamma Loly, la dolcissima nonna Maria) credo che questo sia il giusto tributo a persone meravigliose che hanno rappresentato per molto tempo la mia famiglia e per tutte le vittime di questi sconci umani che non possono essere dimenticati. 

 

“Il 10 febbraio si celebra il giorno del ricordo, e chi mi conosce sa quanto io consideri un dovere il ricordare “in purezza”.

Perché nessun dolore dovrebbe mai essere oggetto di strumentalizzazioni.

Il mio 10 febbraio dura da quando sono venuto al mondo, frutto di un amore da letteratura, quello tra papà e mamma, e di una donna bellissima che tuttavia nascondeva dietro ogni sorriso il dramma di un’infanzia in fuga.

Scrivo tanto, lo so, e scrivo post troppo lunghi, che non diventeranno mai virali.

Ma è l’unico modo in cui mi piace raccontare, senza impartire lezioni a nessuno...

Solo raccontare.

Non ho mai capito in tutta la mia vita perché sia nonna Maria, che la mia mamma, hanno sempre “finto” di non ricordare la loro storia.

Entrambe nate a Fiume, oggi Rijeka.

Sappiamo che il 10 febbraio 1947, con la firma del "Trattato di Parigi" l'Italia “cedette” vasti territori dell'Istria e della fascia costiera, e circa 300 mila persone “scelsero” - davanti a una situazione dolorosa e complessa - di lasciare le loro terre natali destinate a non essere più italiane. 

Qualcuno ha scritto che non è difficile immaginare quale fosse il loro stato d'animo...

Invece no. È difficile, io lo so.

Io stesso che pure sono cresciuto con loro non l’ho compreso appieno il dramma.

E non capivo questa loro riluttanza a raccontare, a ricordare.

Nonna Maria non c’è da un po’, mamma se n’è andata, troppo presto, ormai quattro anni fa, lei che aveva fatto appena in tempo a nascere nella Fiume italiana, il 29 marzo del 1942.

Invece nonno Giorgio, lui che fu costretto a nascondersi di giorno e scappare di notte, per cercare un rifugio alle sue tre bambine e a sua moglie, se n’è andato giovanissimo, a soli 59 anni.

Erano tutti molto belli, alti e con gli occhi chiari, ma sempre, anche nei sorrisi, quegli occhi contenevano un velo di malinconia.

Oggi credo fosse a causa del dolore per quella terra da cui sono stati strappati, perché ceduta da un Paese che, poi, li ha anche ripudiati, chiudendoli nei centri di raccolta profughi.

Traditi due volte.

Io discendo da loro, esuli e profughi.., e forse per questo spesso mi ci sento..,un esule.

Come un esule costretto a restare lontano dai ricordi che mia madre non voleva condividere, forse per preservarmi dalla sofferenza o forse, come ogni madre, per impedire a qualsiasi ombra di rattristare i miei occhi blu, ho cominciato a leggere tanto sul dramma di quell’esodo, per cercare di capire meglio mamma, la sua infanzia.

E quella sua malinconia accennata che tuttavia io percepivo.., ma di cui non sapevo chiederle.

Ricordo di essere andato a teatro a Testaccio, a Roma, a vedere una rappresentazione tratta dal libro “Magazzino 18”, e che per tutta la durata del racconto ho pianto come quando ero bambino…

Con una differenza, che allora lo facevo di nascosto.., mentre stavolta ero seduto in prima fila, senza un sipario a coprirmi gli occhi.

La foto che pubblico ritrae nonno Giorgio Superina (mia nonna invece si chiamava Maria Lenaz) che tiene per mano mia mamma Loredana (Loly per tutti) che, a sua volta, porta nell’altra mano un vassoietto di dolci.

Quella che non è un oggetto ma che si legge negli occhi di entrambi ha un altro nome…

È la dignità... "

Post su Facebook di Giorgio Pomponi

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