Teramo - Il Premio Nazionale Paolo Borsellino commemora la strage di Via D’Amelio con una delegazione di volontari, studenti e docenti che saranno alle manifestazioni previste il 18 e 19 luglio a Palermo in occasione del suo 31° anniversario
Erano le ore 16.58 di domenica 19 luglio 1992 quando un boato squarciava Palermo. Sotto quel fuoco cadevano Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Vissuto per la giustizia sociale, per la verità e per l’onore dello Stato, Paolo Borsellino è stato, assieme a Giovanni Falcone, uno dei “Padri fondatori di una nuova stagione possibile della storia, una stagione in cui la legge diventa davvero uguale per tutti” (Mattarella). La Repubblica con le sue Istituzioni non è ancora riuscita a fare luce sulla strage, né sul ruolo dei “pezzi deviati dello Stato”, lasciando oscura l’enigmatica affermazione dello stesso Borsellino: “Mi uccideranno quando altri lo consentiranno”. Ci uniamo alla denuncia di Fiammetta Borsellino che da anni si batte per l’accertamento della verità sulla morte di suo padre, perché “un Paese che non riesce a fare luce su questo mistero è un paese fermo che non può progredire”.
Ricordare Paolo Borsellino e il suo impegno per la giustizia è un dovere morale di tutti gli Italiani e di tutti coloro che intendono vivere come giusti e rafforzare la coscienza collettiva della società civile. Negli ultimi anni della sua vita, Borsellino ebbe una particolare attenzione per i giovani, ai quali in più occasioni volle lasciare in eredità le sue riflessioni. “Quando i giovani le negheranno il consenso, la mafia finirà”, riferiva spesso, individuandone l’antidoto nell’educazione alla cultura della pace e della giustizia. La mafia, dunque, si combatte nelle aule giudiziarie al pari delle aule scolastiche. In entrambi i contesti è necessario assicurare un presupposto indefettibile: la fiducia nelle Istituzioni. Bisogna assicurare ed avvalorare il rispetto verso le istituzioni unito alla fiducia nel rigore morale di tutti coloro che le rappresentano con abnegazione. Bisogna dunque poter individuare con chiarezza il bene dal male, serve una testimonianza di verità. Per dare un senso accettabile delle loro morti – come disse lo stesso Borsellino riferendosi all’uccisione dei magistrati Falcone e Morvillo – occorre pagare il debito che abbiamo verso di loro continuando gioiosamente la loro opera.
In via D’Amelio 21 oggi si erge un albero della pace: un ulivo betlemita piantato per volontà della madre del giudice come simbolo di rinascita, solidarietà e giustizia per tutti i popoli. Su di esso è apposta una targa che recita “Tu che vieni qui a contemplare ricorda che: non tutti i siciliani siamo mafiosi e non tutti i mafiosi sono siciliani”. Il fenomeno mafioso infatti ha una natura globalizzata scissa, oramai, da qualsiasi circoscrizione territoriale e sociale.