“Se vogliamo combattere efficacemente la mafia, non dobbiamo trasformarla in un mostro né pensare che sia una piovra o un cancro. Dobbiamo riconoscere che ci rassomiglia" - Giovanni Falcone
Oggi, 31 anni fa, si consumava la strage di Capaci, in cui morirono il Giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, e gli agenti della scorta. Soltanto due mesi più tardi seguì la strage di via D'Amelio, in cui persero la vita il Giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta.
Tutti servitori dello Stato il cui sorriso, espressione della straordinaria forza con la quale vivevano il loro intenso quotidiano, è tuttora una preziosa testimonianza per coloro che lottano, senza sosta, impegnandosi fino in fondo nel perseguire la legalità e la giustizia sempre, senza se e senza ma.
Un sorriso che, come ho affermato in più circostanze, non significa assenza di paura, insita in ciascuno, ma rappresenta piuttosto il simbolo di una sfida più grande che Falcone e Borsellino, nonché ogni donna e uomo rappresentanti delle istituzioni sane, hanno lanciato e lanciano alla mafia.
Ai più giovani desidero che arrivi un chiaro messaggio, ovvero evitare di commettere l'errore di considerare la mafia come qualcosa che non ci riguarda, come un fenomeno confinato solo a una parte del Paese; cosa che purtroppo non è.
Per continuare la battaglia di chi ci ha preceduti dobbiamo infatti ispirarci proprio alla frase di Falcone, sopra citata, ricordando come la mafia sia innanzitutto un atteggiamento culturale, che si declina in tutti i comportamenti omertosi, di silenzio di fronte ai soprusi, di rassegnazione di fronte a chi, ancora oggi, utilizza il lavoro come merce di scambio.
Comportamenti che dobbiamo combattere ogni giorno, avendo come faro proprio il sorriso di tutte quelle donne ed uomini che, pur consapevoli dell'enorme rischio, hanno servito lo Stato fino al sacrificio della vita.
Insieme possiamo contrastare la cultura mafiosa, tutti i giorni, in ogni tempo!
Il Sindaco, Gianguido D'Alberto