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La Consigliera regionale Marilena Rossi interviene con dichiarazioni dirette e senza edulcoranti, smontando numeri alla mano il castello di propaganda delle opposizioni sull'addizionale Irpef

Attualità  | 08 April 2025

Teramo – Altro che stangata generalizzata. L’aumento dell’addizionale IRPEF in Abruzzo è un bisturi, non un’accetta. Ma provate a spiegarlo a un centrosinistra che, con memoria corta quanto selettiva, grida oggi allo scandalo, dimenticando il proprio passato fiscale e le scelte che, precedentemente, hanno danneggiato i redditi più bassi.

A mettere i puntini sulle aliquote, ci ha pensato la Consigliera regionale Marilena Rossi, che interviene con dichiarazioni dirette e senza edulcoranti, smontando numeri alla mano il castello di propaganda delle opposizioni.

“Sì, aumentiamo le tasse” - ha dichiarato senza giri di parole. “Ma non per tutti. Solo per chi guadagna oltre i 52.000 euro lordi all’anno, corrispondenti a 47.000 euro di imponibile Irpef, ovvero meno del 10% dei contribuenti abruzzesi. Altro che colpo alle famiglie: si tratta di un’operazione chirurgica, lontana dalle manovre del passato, quando a pagare erano i redditi bassi e medio-bassi. Nel 2006 fu proprio un governo di centrosinistra (Prodi, per chi avesse dimenticato) ad aprire la strada agli aumenti regionali, autorizzando le Regioni a innalzare l’aliquota dello 0,5%. E la Regione Abruzzo, allora guidata da Ottaviano Del Turco, colse l’occasione al volo. Risultato? Un dipendente con 15.000 euro di reddito si vide azzerare i benefici delle detrazioni, con un aggravio secco di 75 euro in busta paga, senza contare le addizionali comunali.

Chi oggi fa la morale, ieri stringeva il cappio fiscale proprio al collo di quei pensionati, che oggi porta a manifestare e che ora dice di voler proteggere. Ipocrisia fiscale in pieno stile centrosinistra. I numeri non mentono. Nel 2025, grazie alla manovra del centrodestra, chi guadagna 28.000 euro lordi, pari a 25.342 euro di imponibile Irpef (circa 2.150 euro netti al mese) pagherà meno addizionale IRPEF rispetto al 2024: da 465 euro a 423 euro. Una diminuzione reale di oltre 42 euro, che si somma al beneficio del taglio del cuneo fiscale. Lo stesso vale per chi guadagna 35.000 euro: l’addizionale scende di qualche euro e il reddito netto non subisce perdite. Si registra, piuttosto, un leggero miglioramento grazie all’accorpamento delle aliquote statali dal 25% al 23% nella fascia 15.000–28.000 euro voluta dal Governo Meloni. Per chi guadagna oltre i 52.000 euro lordi, invece, l’addizionale aumenta. Ma grazie al taglio dell’IRPEF nazionale, il saldo netto annuo resta comunque positivo: +60 euro in busta paga. Una manovra, insomma, che chiede un contributo a chi può permetterselo, salvaguardando, e in molti casi premiando, l’ampia fascia del ceto medio.

Altro che “aumento per tutti”: la maggioranza regionale ha evitato la tentazione del facile incasso, scegliendo la via politicamente più rischiosa ma fiscalmente equa. La redistribuzione della pressione fiscale è chirurgica, pensata per non colpire chi regge consumi e tenuta sociale. Una scelta che va oltre l’aritmetica tributaria: è una questione di trasparenza, responsabilità e anche di stile. Non quello delle passerelle tra i pensionati, portati a cantare “Bella Ciao” e istigati ad assaltare l’Emiciclo. Quello stile lasciamolo a chi ama gli slogan ma sparisce quando c’è da discutere in modo democratico.

Chi oggi urla allo scandalo dovrebbe imparare a fare i conti. Le tasse non sono aumentate per tutti, ma solo per chi può permettersi di contribuire di più.  E a dirlo non è la propaganda di una sinistra che sogna la patrimoniale  ma i numeri. Gli stessi numeri che l’opposizione finge di ignorare, perché smentiscono una narrazione che non regge più il confronto con la realtà”.

 

 

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