La fiera della vanità. Intanto è un romanzo dell'autore inglese William Makepeace Thackeray, apparso prima in venti puntate mensili tra il 1847 e il 1848, poi pubblicato come opera unica nel 1848. Va anche aggiunto- secondo la rete- che la trama del libro presenta vari personaggi, delle più alte sfere sociali come delle più basse. Ma è anche vero che Carlos Ruiz Zafon scrisse “Dimmi di cosa ti vanti e ti dirò di cosa sei privo”. Volando basso, all'altezza di una città che distesa fra due fiumi in silenzio se ne sta, va detto che è stata davvero la fiera della vanità. Vanità nella comunicazione dei visitatori, vanità nella decisione di chiudere con i lucchetti, i parcheggi che sono privati, vanità nella inosservanza della legge che disciplina la sicurezza (via di fuga per esempio è un percorso senza ostacoli che favorisce il deflusso che consente alle persone che occupano un edificio o un locale di raggiungere un luogo sicuro), vanità nei piccoli dispetti quotidiani - Il comportamento è lo specchio in cui tutti mostrano la loro vera immagine (Johann Wolfgang Goethe) - insomma sulla Fat (da non confondere con "ferramenta Alfredo Teramo) tutti hanno voluto inzupparci il biscottino. D'altra parte in questo fine settimana non c'è stato altro argomento su cui disquisire e quindi tutti attovagliati attorno alla Fat. La città distesa fra due fiumi è immobile e così resterà fino a quando la Fat non chiuderà i battenti. Tutti avranno avuto la possibilità di vivere un momento di celebrità anche chi ebbe modo di dichiarare alcuni anni fa, dinanzi a taccuini e microfoni che il vecchio e datato stabile del mercato coperto chiuso dai Nas sarebbe stato riaperto nel giro di quindici giorni. Ed infatti. E' ancora chiuso. Che importa. Intanto fino a domani c'è la Fat che copre tutto e farà da paracadute ad ogni contrarietà.
Il cronista matusa