Teramo - Il dibattito pubblico è intriso del tema della sempre più necessaria sburocratizzazione e della contestuale semplificazione amministrativa, ma nessuno sembra avere ricette concrete e risolutive sul tema.
Eppure la strada maestra è davanti ai nostri occhi, si chiama “Fusione di Comuni”.
Sia la normativa nazionale che quella regionale abruzzese offrono molteplici strumenti per favorire la fusione fra più Comuni, primo fra i quali consistenti incentivi finanziari pluriennali, ma i piccoli campanili perseverano nel rimanere attaccati ad una struttura obsoleta ed inadeguata ai tempi e alle complesse procedure che governano gli enti locali.
Eppure il più grande fra i 305 Comuni abruzzesi, cioè Pescara, ha già avviato e approvato da anni la più grande fusione mai attuata in Italia, quella con i Comuni limitrofi di Montesilvano e Spoltore, che consentirà di trasformare il capoluogo adriatico in una città da 200mila abitanti, capace di competere su tutti i fronti con Ancona e Bari.
La Provincia di Teramo è composta da 47 Comuni, troppi dei quali di dimensioni oramai infinitesimali per poter contare qualcosa a livello politico sullo scacchiere nazionale ed europeo.
Non è un caso se il nostro Capoluogo sconta da decenni una sudditanza con L’Aquila e Pescara, risultando sempre perdente nella sottrazione di Enti pubblici e privati (vedasi da ultima la Camera di Commercio), così come nella cancellazione del proprio collegio elettorale.
Teramo deve poter crescere e divenire una città policentrica da almeno 100mila abitanti, così da aumentare significativamente il proprio peso politico, economico e sociale, determinando l’innalzamento della capacità attrattiva di tutto il territorio.
Per fare ciò occorre avviare un’operazione di fusione su vasta scala che ambisca ad avviare il dialogo con tutti i dieci Comuni confinanti con il nostro, primi fra i quali Torricella Sicura, Montorio al Vomano, Campli, Bellante, Canzano e Castellalto, ma anche Cortino, Basciano, Penna Sant’Andrea e Cermignano.
Costruire la “Grande Teramo” seguendo l’esempio della “Grande Pescara” è un’opportunità che si traduce in un obbligo intellettuale, prima ancora che politico.
La scrivente ha già proposto pubblicamente, e da parecchi anni, una radicale riduzione dei 47 Comuni teramani in soli 6 Comuni (due montani, tre marittimo-collinari e il Capoluogo allargato), oggi ritengo importante continuare a chiedere con forza che si intraprenda questa strada.
Non è possibile arrendersi all’evidenza, occorre sollecitare le coscienze, risvegliare le energie sane, mettere in movimento la pubblica opinione, richiamare i Sindaci e la classe politica ad un’assunzione di responsabilità, perché rimanere nell’immobilismo produce ulteriore arretratezza e ulteriore sottosviluppo.
La Regione Abruzzo si è dotata, pochi anni fa, di un’apposita legge che incentiva le fusioni fra i Comuni, perché è noto che la ricchezza e la poliedricità delle nostre tradizioni e della nostra cultura scontano un evidente handicap nella lentezza burocratica, nei ritardi infiniti delle infrastrutture da realizzare, nella perdita dei finanziamenti che sarebbe possibile intercettare, nelle economie di scala da poter realizzare.
Gli enti locali sono vittime della cronica incapacità di fornire i servizi essenziali alla comunità, sono vittime degli appalti bloccati per anni senza che le gare vengano mai portate a termine, con la conseguente dissoluzione dei risparmi e dell’efficienza che le gare pubbliche sono in grado di generare.
Tutti i Comuni, dal più grande al più piccolo, sono palesemente inadeguati ed eccessivamente sottodimensionati rispetto all’attuale sistema amministrativo locale, ragion per cui è necessario migliorare l’efficienza nell’organizzazione dei servizi in favore della comunità di riferimento: fondere Teramo e i Comuni limitrofi non servirebbe solo ad accrescere il bacino demografico e territoriale, ma soprattutto a consentire al nuovo Comune di ottenere risparmi significativi, riorganizzare meglio il proprio personale ed aumentare la capacità di contrattazione con i fornitori di beni e servizi.
È prioritario abbandonare la logica dei campanili e dei piccoli centri di potere, la quale conduce all’impoverimento e all’abbandono dei borghi, con uno spopolamento costante in favore delle città della costa.
Non è un caso che la fusione avvenuta quasi cento anni or sono fra Castellammare Adriatico e Pescara produsse uno sviluppo dirompente di quella che oggi è la città più grande del medio Adriatico, la quale si accinge a fondersi nuovamente con le limitrofe Montesilvano e Spoltore per crescere ulteriormente ed essere ancor più competitiva nello scenario internazionale globalizzato.
Confido che tutti i sindaci della provincia, a partire da quello del Capoluogo, e le comunità locali colgano questa opportunità di miglioramento dei servizi e aggancino il treno della modernizzazione.