Teramo - Sarà perché il vento delle elezioni soffia dietro l'angolo, per cui tutto è mirato all'obiettivo elettorale, sarà perché la città distesa fra due fiumi ci sta abituando a nuove iniziative tutte ovviamente green-eco isole fai da te, sacco (mandi) nero, rilancio delle stazioni delle bici, coltivazioni di erbe spontanee in alcune strade e stradine del centro storico - tanto che l'ultima lanciata in sordina ha del miracoloso.Il cestino mangia rifiuti. Potrebbe essere davvero l'idea ovviamente meravigliosa, del futuro. Partiamo da quanto è scontato: i cestini pubblici vanno usati solo per rifiuti da passeggio. Georges Duhamel scrisse che:" Ogni civiltà ha la spazzatura che si merita". Bene nei cestini pubblici della città distesa fra due fiumi, non c'è fondo del cestino, non c'è busta dove infilare i rifiuti, è un cestino aperto. E allora il teramano distratto potrebbe chiedersi: ma il rifiuto che getto nel cestino cade per terra o no? E qui scatta l'idea meravigliosa. A rigore di logica il rifiuto finisce per terra, a Teramo no. Con un processo tecnologico complicato, studiato a tavolino, ovviamente registrato e depositato alla cdc, studiato con il pc, il rifiuto si autodistrugge come i messaggi di Missione Impossibile. Non resta traccia per cui i cestini non li troverete più colmi o stracolmi, ma sempre liberi e perfettamente utilizzabili. E' un brevetto (coperto dallo scontato segreto industriale) che le cancellerie mondiali stanno studiando e dicono che invieranno in città loro ingegneri per realizzare una cooperazione per la gestione del cestino mangia rifiuti a livello europeo. "Ci stiamo abituando a tutto. Ci stiamo abituando al brutto. Ai topi residenti nei cassonetti dell'immondizia, alla ruggine sulle serrande dei negozi, alle scritte che imbrattano i muri. Al susseguirsi inesorabile delle sciatterie: l'addetto alle disinfestazioni che non disinfesta, l'addetto alle pulizie che non pulisce, l'addetto ai controlli che non controlla. E tutti gli altri che si lamentano, ma intanto fanno finta di non vedere lo schifo. O forse non lo vedono proprio più" (Massimo Gramellini).
Il cronista matusa