Ippocrate (460 a.C. – 377 a.C) fu il primo in Occidente a usare questa forma antichissima della letteratura per raccogliere i suoi precetti medici, l'aforisma: “Fa che il cibo sia la tua medicina / e la medicina sia il tuo cibo.”
L'aforisma è l'arte dell'estrema sintesi capace di ridurre in poche stringerti parole l'esito di un lungo studio, tracciando una via perennemente illuminata da un taglio di luce.
Oggi questa forma letteraria – che è un fare della poesia, sia chiaro – è poco praticata, così miseramente tradita da una produzione poetica contemporanea totalmente prolassata – tornando a Ippocrate –, offesa da un uso incontrollato della parola che dilata concetti e immagini che potrebbero essere meglio contenuti e con più efficacia ritornando a quella economia della parola che è l'arte di cui è capace il poeta.
Donato Di Poce, invece, questa antichissima lezione di Ippocrate non l'ha mai dimenticata e torna a praticarla con efficacia in questa sua ultima pubblicazione, Denigrammi (Edizioni del Girasole 2023): “La poesia è l’unico vaccino / Contro il virus della poesia.” Eccola la traccia che, in qualche modo, ci riconduce da questo secolo XXI al medico dell'Isola di Coo.
Quindi si diceva aforisma come taglio di luce che illumina i nostri passi, il nostro andare per i mondi interni ed esterni del vivere vivendo, ma anche secrezione preziosa del pensiero – ancora Ippocrate –, guida, risultato e risultante del pieno esistere dell'uomo nell'uomo: tutto questo in pochi segni esatti è rinvenibile negli epigrammi virati in denigrammi di Donato Di Poce, feritoie attraverso le quali guardare concentrato il vivere dell'uomo: “Dissento, dunque sono” perché “Tacciono i mediocri / Si avvampano gli invidiosi / Confabulano i calunniatori”.
MASSIMO RIDOLFI