Teramo - Cari politici, scrivo queste righe perché sono stanco.
Le parole hanno un peso e soprattutto un significato. Sentire come le usate, la superficialità con cui le spendete, fa rabbrividire. Ma cosa pensate esattamente? A chi pensate di rivolgervi, a degli analfabeti ignoranti?
A differenza vostra, la cultura ci appartiene e lottiamo per essa. Non possiamo dire lo stesso di voi, che fate di tutto per tenerci lontani da quell’edificio, da quel polmone di sapienza per la città.
Parlo a nome di tutti gli interessati alla riapertura del Delfico.
Ci sentiamo presi in giro, oltre che ignorati. Ci sono state riferite da voi, informazioni contrastanti riguardo la perizia. Se dovessimo fidarci di voi, delle vostre parole, ci troveremmo comunque in difficoltà, in bilico, indecisi, incerti. Ora ci comunicate che le perizie fatte non vi bastano, non vi consentono di procedere. Ci state deludendo ancora una volta. Per quale ragione avete allora fatto questa perizia? I soldi che avete speso per fare le verifiche sono i nostri, il tempo che ci avete fatto perdere era il nostro, il disagio è il nostro, la città per cui lottiamo è la nostra, il futuro è il nostro. Se come tanto dite la città e la sua comunità vi stanno a cuore, dovete dimostrarlo, non basta dirlo. A parlare siete bravi, l’abbiamo capito, ma a fare? Soprattutto, siete capaci di fare i nostri interessi? Classe politica, dimostrateci di essere diversi dagli altri, dimostrateci che non lo fate per soldi, ma per amore nei confronti di una comunità. Ci sentiamo presi in giro, oltre che ignorati. Dove sono finiti i valori di cui una volta vi facevate promotori?
Stavolta non rimarremo a guardare, non vi permetteremo di fare i vostri comodi, di rovinare e uccidere una comunità oltre che una città. State distruggendo, e di questo passo continuerete a farlo, la cultura, la storia, l’economia, l’urbanistica e soprattutto il nostro futuro. Per darvi un esempio di politica sbagliata, non serve andare tanto indietro nel tempo, né lontano dal nostro territorio: basti pensare alla scelta, sbagliata, della sede dell’Università di Teramo. Allora si pensava di aver toccato il fondo, ma a quanto pare no.
State condannando una città alla sua estinzione, ci state uccidendo lentamente. Vedere la propria urbs e la “civitas” andare in rovina, firmare la loro fine, fa male, fa piangere.
Tornate ad aspirare alla politica con la P maiuscola, a prenderla come esempio, come obiettivo, anziché citarla soltanto. Quelle che si fanno oggi e che avete fatto finora sono chiacchiere, esigiamo fatti. In questo momento non ci sentiamo rappresentati. Dateci modo di ricrederci, siete ancora in tempo. Più volte vi siete dichiarati vittima di tutta questa situazione, se ciò fosse vero, dateci il colpevole, non un capro espiatorio.
Se non fossimo stati abbastanza precisi, vi chiediamo scusa, ma a scanso di equivoci ve lo ripeteremo un’altra volta, in maniera chiara e netta: vogliamo tornare al Delfico, non domani, non poi, oggi, oggi in questo presente, il prima possibile. Non secondo i vostri interessi, ma quelli della città.
Se Teramo per voi non ha valore, abbiate quanto meno la decenza di mettervi la mano sul cuore e non sugli occhi, perché state condannando a morte una comunità di migliaia di persone. Non azzardatevi a coprirvi la faccia, dovete guardare i nostri occhi, dovete vedere la nostra rabbia per non esserci accorti prima di chi eravate, dovete osservare le nostre lacrime per il dispiacere di non poter mostrare alle future generazioni l’amata terra, che una volta, con tutta la sua grandezza, veniva chiamata: Interamnia Urbs.
“Patere tua consilia non sentis, conscrictam iam horum omnium scientia teneri coniurationem tuam non vides?”
"Non t'accorgi che i tuoi piani sono scoperti?
Non vedi che la tua congiura rimane ormai impedita dalla consapevolezza di tutti costoro?
Cicerone, prima Catilinaria
Studente del liceo Classico Delfico Montauti