Teramo - Anche Teramo oggi ha celebrato il 79esimo anniversario della liberazione dal nazifascismo con le consuete manifestazioni celebrative. Gli eventi hanno preso il via alle 10 presso il monumento ai Caduti della Resistenza a Largo Madonna delle Grazie; alle 11 le ceòebrazioni al monumento ai Caduti di tutte le Guerre di Viale Mazzini e, in ultimo, a mezzogiorno, alla Villa Comunale, alla stele in ricordo di Alberto Pepe, Mario Capuani, Berardo D'Antonio, Romolo Di Giovannantonio. Sono state molte le figure istituzionali che hanno preso parte alla manifestazione, insieme alle associazioni locali con L'ANPI come capofila, per ricordare quanto il 25 aprile non dovrebbe essere la festa di uno schieramento specifico, quanto una celebrazione che unisce tutti gli italiani in ricordo di quanti combatterono per restituire libertà e democrazia all'Italia oppressa dal regime nazifascista.
IL DISCORSO DEL SINDACO GIANGUIDO D'ALBERTO: “La Resistenza era stato un fatto straordinario. Aveva realizzato una unità veramente eccezionale che andava dagli ufficiali badogliani agli operai comunisti”.
Credo che il senso più profondo del 25 aprile, che rappresentò l’epilogo della lotta, pluralista e popolare, per la libertà, sia racchiuso nelle parole di Nilde Iotti. Parole che oggi, in un momento storico in cui le celebrazioni per la Liberazione sono sempre più messe in discussione , in cui assistiamo quotidianamente a tentativi, anche da parte di rappresentanti istituzionali, di censurare l’antifascismo, di obliarlo, di negarlo, ci ricordano indelebilmente come la Liberazione sia un patrimonio di tutti.
Il 25 aprile non può e non deve essere una data divisiva, ma al contrario deve continuare a rappresentare, per le nostre comunità, come fu nel 1945, un momento di unità nazionale. Negarlo significa negare il sacrificio di quegli uomini e di quelle donne che immolarono la propria vita per la libertà e la dignità del nostro paese. Uomini e donne di diversa estrazione sociale, culturale, politica, che si batterono contro la dittatura nazifascista.
Un antifascismo che è alla base della nostra Costituzione, che ne rappresenta lo spirito nei suoi principi fondamentali: non solo un diritto, ma un vero e proprio dovere. Cercare di cancellarlo, si traduce paradossalmente in una sua affermazione ancora più forte. Perché sono proprio i tentativi di negarlo che ci confermano come oggi, più che nel recente passato, sia indispensabile ribadirne la necessità e il valore in quanto difesa della dignità dell’uomo.
Nel corso della Costituente lo stesso Aldo Moro, riferendosi al desiderio espresso da alcuni colleghi che la Costituzione fosse non antifascista ma afascista, espresse il suo disaccordo, proprio in virtù della comune opposizione, che aveva portato alla Liberazione, all’oppressione fascista dei valori della persona umana e della solidarietà sociale. “Non possiamo dimenticare quello che è stato, perché questa Costituzione oggi emerge da quella resistenza, da quella lotta, da quella negazione, per le quali ci siamo trovati insieme sul fronte della resistenza e della guerra rivoluzionaria ed ora ci troviamo insieme per questo impegno di affermazione dei valori supremi della dignità umana e della vita sociale”, diceva Aldo Moro.
Per guardare al futuro dobbiamo ricordare e fare esperienza del nostro passato. Perché è proprio nella Resistenza, nell’essere partigiani, nella Liberazione - che è un qualcosa di più della libertà - che sono racchiusi quei valori che rappresentano gli anticorpi a quei disvalori che oggi sono alla base dei troppi accadimenti che stanno segnando popolazioni e persone.
La Liberazione del ’45 è stata innanzitutto una liberazione dalle guerre. Una Liberazione che si è tradotta nel predominio del diritto, così come sancito successivamente dall’articolo 11 della Costituzione, racchiuso in quel ripudio “della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
Un valore che oggi dobbiamo riscoprire, anche nella consapevolezza che Liberazione non è solo libertà dall’oppressione e dalle guerre, che ancora oggi insanguinano il mondo e cancellano il sorriso dagli occhi di ogni bambino, ma è liberazione dal bisogno, libertà di poter scegliere una professione adeguata, libertà di poter costruire un progetto di vita che ci renda felici, soddisfatti, libertà di restare nel proprio paese e non dover essere costretti a lasciarlo per questioni economiche.
Liberazione, oggi più che mai, vuol dire garanzia di diritti. Quei diritti scolpiti nella nostra Costituzione che, come ebbe a dire Sandro Pertini “è un buon documento, ma spetta a noi fare in modo che certi articoli non rimangano lettera morta, inchiostro sulla carta. In questo senso, la Resistenza continua”.
Ed è per questo che mi rivolgo soprattutto alle nuove generazioni: i diritti, anche quelli che pensiamo acquisiti, non lo sono mai fino in fondo. Vanno difesi tutti i giorni, con i nostri comportamenti quotidiani. Vanno difesi essendo partigiani sempre. E oggi più che mai essere partigiani vuol dire non voltarsi indietro di fronte alle ingiustizie, non essere mai indifferenti, difendere gli ultimi, non lasciare nessuno indietro.
Oggi, essere partigiani, vuol dire riappropriarsi di quella coscienza europea che fu uno dei grandi portati della Liberazione. Perché la Resistenza, che portò a quel 25 aprile del 1945, non fu un fatto solo italiano. Seppur con caratteristiche diverse unì tutta l’Europa con un solo identico fine: la liberazione dei territori nazionali nel nome della dignità dell’uomo contro la barbarie.
E da quella Liberazione nacque la consapevolezza della necessità di unire i paesi europei, sotto un ombrello comune di valori. Dopo la Seconda Guerra Mondiale l’Europa, che conosciamo oggi, è nata anche perché, attraverso la costruzione di un processo di pace duraturo, basato su un concetto di condivisione di sovranità, di principi e valori fondamentali, non si ripetessero gli orrori vissuti.
Oggi, proprio per dare un senso alla Liberazione che non sia mera celebrazione retorica, per viverla nell’attualità, dobbiamo riprendere il percorso mai veramente compiuto verso un’Europa libera, unita e solidale che si regga su principi, valori, diritti, istituzioni comuni e che consacri la pace fra i popoli europei, come tracciato con lungimiranza da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi nel Manifesto di Ventotene. Una pace che, non mi stancherò mai di ripeterlo, non significa solo fine della guerra, ma soprattutto costruzione di un futuro migliore, stabile e sereno per tutti i popoli.
Solo in questo modo onoreremo veramente il sacrificio di quei giovani, di quelle donne, di quegli uomini, che diedero la vita per consegnarci un presente e un futuro di giustizia e libertà.
Un sacrificio che vide il nostro territorio, la nostra comunità, in prima linea nella lotta all’oppressione nazifascista. Una pagina della nostra storia che riviviamo anche attraverso i luoghi della nostra città, come porta Reale - dove insiste il Monumento che omaggia i partigiani - o viale Mazzini – con il monumento ai Caduti delle guerre - così come attraverso i luoghi della nostra provincia e il ricordo di quelle donne e di quelli uomini teramani che rappresentano il simbolo della Resistenza: penso a Giuliana Valente, alla quale consegneremo oggi un attestato di benemerenza, a Giovanna Di Filippo Mobili e a Margherita Ammazzalorso; penso a Mario Capuani e Alberto Pepe. Donne e uomini che oltre ad essere stati protagonisti della lotta di Liberazione, ci hanno lasciato un testimone importantissimo: quello dell’antifascismo come espressione di libertà e di democrazia.
Ecco perché, a Teramo, noi anche oggi continuiamo ad essere, con forza, antifascisti.
Teramo è antifascista perché si riconosce nei valori degli eroi di Bosco Martese, prima battaglia in campo aperto tra i partigiani e le formazioni nazifasciste: fu tra quelle montagne, tra quei sentieri, che si scrisse la storia, che si gettarono le basi della nostra Costituzione.
Teramo è antifascista perché non ha paura di cantare, per le sue strade, “Bella Ciao”, le cui note non smetteranno mai di ricordarci il sacrificio di chi ha perso la vita per liberare il nostro Paese dal giogo nazifascista, consegnandoci un presente e un futuro di libertà e diritti.
Teramo è antifascista perché è “Città aperta al mondo” che valorizza le differenze, che promuove il dialogo, che mette la persona al centro, che riconosce l’altro come una ricchezza.
Teramo è antifascista perché è città dei diritti, che mette al centro l’uguaglianza, che non lascia nessuno indietro, che ha fatto dell’integrazione e dell’inclusione i suoi fari, che quando tende il braccio e la mano lo fa esclusivamente con l’unico obiettivo di aiutare chi ha bisogno a risollevarsi.
Teramo è antifascista perché in quest’epoca in cui tornano prepotentemente alla ribalta disvalori che credevamo lontani, continua a credere e lavorare per una società libera e giusta, in cui la dignità dell’uomo viene prima di ogni cosa.
Oggi più che mai, qui dalla nostra Città, viva la Resistenza, Viva la Liberazione, Viva la Costituzione antifascista, Viva la Pace, Viva Teramo.
Gianguido D’Alberto
Sindaco di Teramo